Uruz e Raido: L’Arte dell’Essere e del Fare
- Valentina Cavallese
- 7 mag
- Tempo di lettura: 4 min

Uruz: la runa della Forza
Siamo giunti a Uruz (Úr in norreno), la quarta runa della sequenza della creazione, detta la runa della Forza. L’energia divina, come cascata impetuosa, scende dall’alto verso il basso e infonde la forza vitale in tutte le dimensioni dell’esistenza umana. La vibrazione creatrice è stata emanata e ora deve prendere forma.
Dal punto di vista grafico, rappresenta le corna del toro, un simbolo ricco di potenza e significato per molte culture. Ne è un esempio calzante l’uro, un grande bovide ormai estinto da cui derivano la maggior parte delle razze bovine domestiche europee e asiatiche. Per gli antichi guerrieri, questo animale segnava una prova iniziatica: per superarla, dovevano ucciderlo e portarsi a casa la testa e le corna.

Parallelamente, si evidenzia il legame con Auðhumbla, la vacca primordiale che nutrì il gigante Ymir. Dagli scogli gelati che leccava per sfamarsi, emerse Búri, la prima creatura in forma umana: da esso e la gigantessa Bestla nacquero Odino e i suoi fratelli.
Dato che dal suo ventre riversa fiumi di latte, Auðhumbla esprime fertilità e nutrimento. Inoltre, il prefisso Ur- in lingua tedesca significa “antichissimo”, “primordiale”. Uruz è, dunque, il nutrimento originario, la forza generatrice, la potenza vitale insita in ognuno di noi che è chiamata a esprimersi e ad accettare le sfide della vita.
Se ci addentriamo nella sua valenza simbolica legata al mito, essa non è solo il bambino che, uscito dal ventre materno, deve affrontare le prime difficoltà naturali, ma anche l’uomo che, ora ritto e saldo sulle proprie gambe, deve affermare se stesso nel mondo – interiore, relazionale, lavorativo. Uruz è la forza vitale nella sua interezza, che si traduca in forza fisica, emotiva o psichica.
A livello psicologico, questa runa ci invita a controllare i nostri impulsi, i pensieri e le sensazioni, tutte quelle forze incontrollate che si agitano nel nostro inconscio – la nostra origine. Se gestiti in modo equilibrato, la potenza di Uruz ci porta al successo creativo, alla voglia di vivere e all’espressione del sé, con fermezza.
Oggi, se in una seduta divinatoria ci si presenta Uruz al rovescio, potrebbe indicare mancanza di energia, l’impossibilità di affrontare una sfida o la presenza di una forza – esteriore o interiore, come potremmo essere noi stessi contro noi stessi – che sfugge al nostro controllo.
Un magnifico esempio di come le rune raccontino un viaggio mitico e cosmogonico, il cui scopo è quello di tratteggiare il percorso che ogni uomo è chiamato a compiere.
Raido: la runa del Movimento
Se Uruz ci sprona a superare con coraggio ogni sfida, ad affermare la nostra persona e la nostra interiorità, Raido (Reið) giunge per guidarci lungo il cammino. Raido è la runa del Movimento, della Cavalcatura, del Consiglio e dell’Azione. Non si tratta di una cavalcata di piacere, simboleggia piuttosto il viaggio con una meta ben precisa, che sia nel mondo spirituale o in quello materiale. Il suo glifo racchiude due movimenti opposti che, susseguendosi, generano il ritmo della creazione e, come folgore divina, manifestano:

Così come il cavallo è guidato da un cavaliere, Raido ci invita ad ascoltare la nostra chiamata interiore, a iniziare un viaggio solitario alla scoperta di sé e del mondo.
Raido è strettamente collegata al culto del sole e della luna, alla ciclicità e al ritmo.
La luna, dotata di potere magico, con i propri cicli influenza e scandisce il mondo e gli uomini; basti pensare al calendario lunare. Cresce, decresce e muore di una morte che mai è definitiva. In antico nordico, luna si indicava con il termine «máni», la cui radice indoeuropea «mē» significa “misurare”. La cavalcatura riporta inoltre alla simbologia del carro, l’intermediario tra la terra e il cielo. I carri sono guidati dagli dèi e sui carri viaggiano le anime, ovunque esse siano dirette.
Di particolare rilievo è il mito dell’inseguimento cosmico: Sól e Máni, sorella e fratello, puniti per essere stati dati in sposa e in sposo senza il permesso degli dèi, vengono posti alla guida, rispettivamente, del carro solare e di quello lunare, ciascuno inseguito da un lupo. Solo durante la fine del mondo, il Ragnarök, le due bestie riusciranno a divorarli, e il mondo sprofonderà nel caos. Sarà la figlia di Sól a portare avanti il ruolo della madre – da notare che nella mitologia norrena la luna è percepita come una forza maschile (razionale, regolatrice), il sole invece come una forza femminile (creatrice, nutrice).
Questo mito sottolinea come siano gli dèi a garantire un equilibrio, un ordine e una ciclicità. Intendiamo così che Raido è la luce lunare che ci accompagna nei nostri viaggi più bui, è la direzione divina; è l’imposizione del padre ad agire e il caldo invito materno ad accettare con fiducia la creazione. Se accogli la tua chiamata interiore, se ti armonizzi con disciplina con il ritmo scandito dal tuo profondo sentire, potrai allora raggiungere la tua meta con il favore degli dèi – che, guidando il singolo, evolvono il collettivo, poiché è solo guidando ognuno il proprio carro che è possibile garantire il corretto susseguirsi del giorno e della notte.
Raido è, infine, un invito a essere presenti. Devi essere presente a te stesso per guidare un cavallo con coscienza, per non finire tramortito dai suoi zoccoli – dalle tue paure e i tuoi tormenti. Devi impugnare il coraggio di Uruz per uscire dalla tua zona sicura e affondare gli zoccoli nella foresta, al buio, e devi continuare a muoverti secondo il ritmo di Raido per non perderti nei caotici labirinti della psiche.
Raido dice con chiarezza: ora devi agire. Hai la forza e il coraggio, hai pensato, temuto e desiderato. Sei, ora fai. Muoviti, genera il tuo ritmo, non fermarti.
Due rune potenti che, come Sól e Máni, a mio avviso, si completano. Divine eppure concrete, improntate al fare, all’azione, ma non all’azione sconsiderata e priva di lavorio mentale: Uruz affonda nelle nostre oscurità inconsce e archetipiche per riportarle alla luce; Raido le ordina e le indirizza. Come gli astri che, al principio del cosmo, non sapevano dove porsi e quali fossero le loro potenzialità. Ora invece hanno un ritmo, e uno scopo.
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