La connessione tra fantastico e cyberpunk
- Adriano Grazioli
- 23 set
- Tempo di lettura: 4 min
Bentornati amici e amiche di Alchill in questo nuovo articolo a tema weird.
Nello specifico, parleremo di un genere letterario, di una corrente di pensiero che si è fatta largo nel corso degli anni ’70 e ’80, nel tentativo di collaudare una propria identità, unendo gli elementi assurdi della cultura weird a quelli tecnologici della letteratura sci-fi classica: il cyberpunk.
Spesso bollato come un genere per “smanettoni tech”, questo filone narrativo ha trovato una sua vera identità letteraria solo dopo un lungo periodo di gestazione, durante il quale si sono alternati eventi che hanno scosso il mondo dalle fondamenta.
Ma, come sempre, procediamo con ordine in questa disamina.
Per chi non lo sapesse, il genere si distingue per dei canoni estetici e strutturali ben precisi, pescati a piene mani dal resto del mondo:
● lo stile punk per i costumi, come le giacche in pelle, piercing e le capigliature stravaganti;
● la musica elettronica con i suoni dei sintetizzatori;
● la presenza di realtà virtuale negli scenari;
● il noir dei film polizieschi, con le sue atmosfere cupe e grigie;
● l’evoluzione sregolata di megacorp cino-giapponesi;
● la costante connessione alla rete, o al matrix;
Da questo miscuglio di elementi è nata una vera e propria rivoluzione culturale che ha permesso la creazione di uno stile completamente nuovo e innovativo. Un po’ come nel surrealismo del XX secolo, ciò che accade nelle novelle cyberpunk è spesso strano, alieno, e costringe il lettore a procedere verso una direzione caotica o confusa. Uomini che diventano macchine, costumi sociali completamente stravolti e la precarietà della vita sono all’ordine del giorno e lasciano il lettore spiazzato.

L’anello di congiunzione tra il genere del fantastico e questa nuova identità letteraria trova il suo appoggio proprio sul concetto di spaesamento di cui abbiamo parlato nell’articolo “Il fantastico: tra inconscio e identità”.
Cosa intendiamo di preciso?
Che tutto ciò che accade agli anti-eroi del genere è spesso assurdo o contraddittorio: è una rappresentazione dell’umano massificato, che in questa nuova società distopica e individualista non è più unico. Per meglio dire, la sua unicità perde completamente senso e valore.
La vita umana risulta insignificante davanti al desiderio di guadagno spropositato delle megacorp. Le classi meno abbienti lottano per non soccombere, per cercare di ripristinare uno stato di natura giusnaturalista diventato assolutamente impari. Da un lato compagnie private di mercenari al soldo dei potenti, dall’altro civili deperiti soggiogati dalla comunicazione tirannica del Grande Fratello.
Se la fantascienza cercava una speranza nuova, grazie a una letteratura basata sul post-positivismo, dove l’ascesa verso lo spazio rappresentava il desiderio umano di evolvere, nel cyberpunk siamo riportati con i piedi per terra, privati di qualsivoglia idealismo, come soluti disciolti in una società liquida. Non a caso, il motto del genere è proprio questo: high tech, low life.
(Link al video sul canale per approfondire CYBERPUNK: Tra Fantascienza e Realtà)

Il punto di contatto tra weird e cyberpunk
Nonostante oggi possano sembrare due generi molto distinti, è proprio con la raccolta di racconti curata da Sterling, Mozart in mirrorshades, che possiamo renderci conto di quanto le distanze siano brevi.
Con il testo Petra di Greg Bear o gli scritti di Marc Laidlaw notiamo da subito quanto l’elemento assurdo e stravagante, per meglio dire spaesante, risulti radicato di default nel genere. Molti aspetti di ciò che incontriamo nei testi di Ballard, Dick o Gibson ci lasciano una discreta irrequietezza addosso, quasi come fossero un monito per i tempi che devono ancora giungere: una consapevolezza prossima a sbocciare, capace di esaurire la speranza per il futuro.
Sì, la tecnologia viaggia su binari, non frena, ma la nostra umanità è capace di restare al passo? Oppure saremo destinati a soccombere all’avvento delle macchine?
Se ci pensiamo bene, gli stessi costrutti, già presenti nei testi di Hoffmann (lo abbiamo visto negli articoli precedenti), hanno sempre costituito motivo di turbamento per il lettore. Quelle bambole di porcellana che paiono scimmiottare la vita ne L’orco della sabbia ritornano a terrorizzarci nel genere cyberpunk sotto forma di umani dalle teste cromate, alla ricerca dell’ultimo impianto cyber con il quale modificare il proprio corpo.
L’alienazione più pura con cui si guarda al primo vero oggetto attraverso cui conosciamo il mondo, il nostro corpo appunto, fa accapponare la pelle. Un non-strumento che subisce una mutazione volontaria, spinta dal rifiuto narcisistico del limite umano, fino a diventare artefatto.
Oggi lo vediamo con la chirurgia estetica più becera, quella che setta il canone adeguato e non realistico per la forma delle labbra, del naso o dell’addome.
Domani, la possibilità che gli impianti gettino le basi per nuovi canoni produttivi sociali e industriali non è da escludersi.
Così come L’estraneo di Lovecraft non si riconosce allo specchio se non attraverso una sorta di accettazione rassegnata, accogliendo il suo limite, così anche noi siamo portati a vedere, un po' come nello stadio dello specchio lacaniano, la barriera del reale.
Il cyberpunk, come un cinico psicanalista moderno, anticipa proprio questo: quel senso di terrore e alienazione del corpo a cui segue un’ansiosa fissazione ossessiva che spinge l’essere umano a mutare per un desiderio che non gli appartiene.
Più weird di così, si muore.
Amici e amiche del blog, io vi saluto e vi lascio ai soliti consigli:
La raccolta Mozart in Mirrorshades di B. Sterling. Link download ENG:
Il videogioco Deus ex. Caposaldo del genere CP. Vecchiotto, sì, ma una pietra miliare del genere.
L’episodio 400 boys. Lo trovate su Love death and robots, stagione 4X04, Netflix.
(LOVE DEATH + ROBOTS - 400 boys (scene)) —> link trailer.
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