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L’orrore soprannaturale nella letteratura

  • Immagine del redattore: Adriano Grazioli
    Adriano Grazioli
  • 4 feb
  • Tempo di lettura: 4 min

In moltissime testate a tema weird, questo saggio di Lovecraft viene citato come se fosse una sorta di vademecum per chiunque si voglia approcciare allo studio del genere fantastico nella letteratura.

Forse, molti di voi non lo conoscono o non ne hanno mai sentito parlare, ma sicuramente tutti hanno familiarità con la massima “Il sentimento più antico e radicato nel genere umano è la paura. E la paura più antica è quella dell’Ignoto.” Vi basta avviare un videogioco che abbia anche solo vibes lovecraftiane per imbattervi in questa frase a effetto.

Ciò che più mi ha stupito, dalla mia prospettiva, è come questa continui:


Questi assunti vengono posti in discussione da ben pochi psicologi, e la loro conclamata verità stabilisce in qualsiasi tempo la genuinità e la dignità del racconto Soprannaturale e Orrorifico come forma letteraria.”



In breve, Howard ci sta spiegando che il racconto fantastico nasce con una dignità inoppugnabile, e tale dignità è sostenuta dalle emozioni umane che ne fanno da garante. Non si discute la paura, come non si commentano la gioia, la noia o il disgusto. D’altronde, l’abbiamo visto con Hoffmann nell’articolo precedente, lo stesso Freud comprese come il genere in sé fosse talmente potente nella sua espressione viscerale che anche la psicanalisi non poté che rimanerne ispirata.

Torniamo allo scritto del Solitario di Providence. Questo saggio, pubblicato la prima volta nel 1927 e rivisto nel tempo, rappresenta una vera e propria enciclopedia sulla nascita del genere. Tra le sue pagine si possono trovare riferimenti al Libro di Enoch, al folklore orientale, a quello germanico e ai rituali celtici; ovviamente, la lista non è esaustiva e il viaggio letterario che viene compiuto alla scoperta di cosa sia stato il weird in altre epoche, nelle sue forme più variegate, può fornire al lettore un’ampia serie di titoli dai quali attingere per crogiolarsi a pieno nel mistero e nell’orrore.

Il mio invito è di leggerlo, per poi stilare una lista infinita di opere da recuperare, tanto per farvi salire un nodo alla gola. Alla fine, se leggete Lovecraft siete comunque alla ricerca di sensazioni simili, per cui dico solo una parola: prego.

Conclusa questa introduzione, commenteremo ora insieme le prime pagine del saggio che mi hanno colpito di più in qualità di psicologo.

Proviamo a immaginare di essere lontani nel tempo, negli anni ‘30 del Novecento. Televisione e telefoni sono strumenti ancora rari per le persone comuni, possedere un libro in casa non è la norma. La maggior parte di ciò che oggi per noi è misticismo da quattro soldi, a quei tempi rappresentava la saggezza popolare. Spiriti e mostri vendicativi infestano le case della gente come termiti e scarafaggi, e scacciarle non è un’impresa facile.

Proprio su questa vestigia si accoccola l’emozione umana denominata paura.

Se la sifilide è una punizione di Dio per i nostri atti sciagurati, allora la febbre è uno spirito che prende possesso del figlio minore, strappandolo alla famiglia.

Medici e farmacisti non erano figure così comuni, soprattutto non erano alla portata economica di tutti, e come ci si comporta davanti a un mostro che non ha zanne, ma lacera la pelle o infetta con il suo veleno gli organi interni? Lo si materializza in qualcosa che possa essere identificato. Lo si razionalizza solo per definirne i contorni. Alla fine, però, come scrisse Kentaro Miura in Berserk, “I mostri sono mostri proprio perché gli esseri umani non possono nulla contro di loro.”



La razionalizzazione si oppone alle sensazioni, scrive Lovecraft, ma ne esce sconfitta. Non importa quanto Freud ci sia nella vostra esistenza, nulla “può cancellare del tutto la paura dei sussurri vicino all’angolo del camino o nel bosco solitario.”

In questo, sono pienamente d’accordo con lui.

Infatti, le sensazioni sono spesso uno strumento che stravolge completamente il raziocinio. Questo lo si vede spessissimo anche in seduta terapica, dove i pazienti spiegano che mentalmente capiscono che non c’è niente che voglia far loro del male nel buio, o in mezzo a una folla o in mare aperto, ma il loro istinto li spinge inevitabilmente sul versante del terrore, portandoli a fuggire o a rimanere paralizzati davanti all’ignoto.

Insomma, l’efficacia del genere weird non sta solo nella qualità della scrittura e nella trama, ma nelle emozioni che esso è in grado di generare nel lettore. Quel pugno di sensazioni dirette alla bocca dello stomaco è ciò che lo differenzia dal resto dei generi letterari, rendendolo unico nella sua poliedrica essenza.

Perché lo leggiamo? Cosa ci spinge verso questi spietati lidi?

Forse, il fatto che “ricordiamo il dolore e la minaccia della morte molto più vividamente del piacere”, come dice Howard; forse siamo destinati a un circolo fatto di masochismo e sadismo per natura o, semplicemente, abbiamo l’esigenza di purgare quegli spettri simbolici che abbiamo creato attraverso la saggezza popolare, sprovvisti di microscopio e incatenati alla visione in bassa definizione dei nostri occhi.

Tramite un’adeguata sublimazione, la storia che ci fa saltare in gola il cuore arde le beffarde streghe della nostra fantasia.

Forse, Howard non ne sarebbe felicissimo, vista la sua avversione per Freud, ma c’è molta più psicanalisi nei suoi testi di quanto si possa pensare. Credetemi. Un esempio, così su due piedi? L’estraneo. Andate e leggete!

Vi voglio lasciare con una frase che condensa, almeno per me, tutto quello che è Howard come scrittore, cosa rappresenta e cosa ha cercato di trasmettere scrivendo le sue opere.

Da psicologo, non posso che concordare, perché egli rappresenta un punto d’analisi saldo dal quale partire se si desidera esplorare ancora più affondo l’inconscio umano, la sua psiche nelle diverse declinazioni quotidiane.


I bambini avranno sempre paura del buio, e gli uomini dotati di menti sensibili tremeranno sempre al pensiero di strani mondi animati di vita misteriosa che vibrano negli abissi al di là delle stelle, o incombono sul nostro pianeta da dimensioni terribili che solo i morti e i folli possono vedere.”


Concludiamo con i soliti consigli: tre opere, fruibili in tre media diversi. Questa volta vi terrorizzo tutti!


  • Il racconto I ratti nel muro di H. P. Lovecraft. Lo potete trovare in audiolibro su YouTube, letto dalla stupenda voce di Librinpillole. Uno dei miei racconti preferiti!


  • Il videogioco Dread Delusion, assurdo, strano e acido. La lotta tra uomini e dèi in un mondo sospeso nel vuoto. L’ho amato alla follia.


  • Il film Begotten, uscito nel 1990. Eh, non adatto ai deboli di cuore.



Buon viaggio, cari lettori e care lettrici,

alla prossima!


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