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L'estraneo di Lovecraft: Analisi psicologica

  • Immagine del redattore: Adriano Grazioli
    Adriano Grazioli
  • 8 mar
  • Tempo di lettura: 5 min

Come in ogni articolo di blog scritto fino a qui, ho sempre apertamente dichiarato che i temi presenti nella scrittura del solitario di Providence hanno un’enorme valenza psicologica. I significati nascosti tra quelle immagine forti e fuorvianti sono per me, psicologo, un interessantissimo elemento d’indagine letteraria.

Se è vero che i macro-temi del weird riguardano anche elementi quali lo sdoppiamento e la paura dell’ignoto, è altresì corretto dire che Lovecraft è stato uno dei migliori esponenti del genere nel riportare su carta tali sensazioni.

Uno dei brani che più cattura la mia attenzione è sicuramente L’estraneo, scritto nel 1921 ma pubblicato su weird tales sono cinque anni dopo, nel 1926.

Nonostante l’ influenza di scrittori come Poe, ma non solo, sia palese, possiamo affermare con certezza che buona parte del disagio della vita dello scrittore sia impresso con inchiostro indelebile in queste pagine.

Tale racconto breve, ben si sposa con l’autobiografia di H.P.L e ce ne dà conferma anche S.T.Joshi che ha curato e prodotto una serie di libri proprio sulla sua vita.

Da quelle pagine ne emerge un individuo un pò meno spaesante (in senso freudiano), rispetto alle voci di corridoio, ma comunque molto vicino a un quadro diagnostico tipico della personalità Schizoide.

Abbiamo una persona distante dalle relazioni sociali (da intendersi in senso stretto, dunque poco avvezzo alla socialità tipica) se non da quelle familiari come madre, zie e nonni, e poco interessato a passare del tempo facendo attività diverse dalla scrittura o dalla lettura.

Insomma, abbiamo un soggetto che ha prodotto un numero di carteggi e corrispondenze fittissimo ma che di casa ci è uscito molto poco, anche se avesse dovuto uscire con gli stessi destinatari di quelle lettere.


(Vi invito a vedere il video per un’analisi sul disturbo schizoide che abbiamo fatto per il canale AlchillTv )


Egli è sempre stato un ritirato che per molto tempo non si è riconosciuto in pieno, come spesso capita a chi soffre di questo disturbo, e ha cercato con grande spinta vitale il suo spazio nel mondo.

Spazio che si è creato dopo ore interminabili spese nella stesura di testi che solo dopo la sua morte, sono passati alla storia. Oggi, leggere Howard è praticamente diventato mainstream (non che vi sia nulla di male in tutto ciò) ma i suoi racconti sono stati, almeno secondo la mia analisi, il modo in cui egli ha cercato di avere presa e manipolazione sul mondo che lo ha spesso respinto, partendo dall’ossessione della madre, che lo segregava in casa, dicendogli che era troppo brutto per uscire, fino a giungere ai diversi editori che non ne hanno mai riconosciuto il vero valore.

La sua biografia, che vi invito a recuperare, ha dell’incredibile, anche per i legami che fu in grado di stringere con persone importantissime e che furono, verso la seconda parte della sua vita, i veri mecenati intellettuali  che lo spinsero a continuare la sua produzione letteraria.

Dismorfia corporea: non riconoscersi allo specchio


“Quella cosa non posso neppure tentare di descriverla. Era un miscuglio di tutto ciò che è immondo, innaturale, ripugnante, abnorme e detestabile. Era lo spettro demoniaco della putrefazione, della decrepitezza e della dissoluzione. La marcia, stillante effige delle rivelazioni più empie, l'orrenda esibizione di ciò che la terra misericordiosa dovrebbe tenere per sempre celato. Dio sa che non apparteneva a questo mondo, o meglio, non vi apparteneva più. Eppure, con immenso orrore, riconobbi nei lineamenti corrosi dai quali affioravano le ossa, la parodia aberrante e perversa della forma umana” -

 L’estraneo, H.P.L. 1926


Fare un’analisi di queste righe implicherebbe, almeno per me, scrivere una quantità infinita di parole. L’odio trasmesso dallo scrittore per un corpo ripugnante, per quell’entità che da sola attesta che, nel mondo, al bello si contrappone il demoniaco, non il semplice brutto, è palpabile. Parole come abnorme e detestabile rimandano i miei pensieri alla visione peggiore che Howard aveva di sé. Sentirsi fuori luogo, per sempre celato allo sguardo dei passanti è un'accusa gravissima da fare a sé stessi. Non mi stupii quando appresi dei deliri che da sempre hanno accompagnato la madre divoratrice del solitario, di come lei stessa si oppose a far vedere quello scempio di figlio agli occhi del mondo. E’ molto probabile, comunque, che il seme della follia in casa Lovecraft avesse origine dalla parte paterna, sappiamo che il padre morì tra i deliri e le allucinazioni di una neurosifilide terziaria in manicomio e che la madre, la quale assistette in prima persona a tali episodi, ne fu traumatizzata a vita.

Eppure, nonostante tale bruttezza fosse descritta con bieca crudeltà, Howard ebbe modo di trovare l’amore, seppur a suo modo, in Sonia Grenee. Questo implicherebbe che la sua visione altamente distorta del corpo non trovasse un vero riscontro nella visione reale di chi gli stava attorno, anzi. Varie furono le testimonianze positive e a favore del giovane scrittore, che lo descrivevano come piacevole nei modi e nell’aspetto.


Il chiodo finale nella bara lo batte la frase conclusiva del racconto: egli è destinato a non varcare mai più le soglie del mondo reale, di quel secolo:


“Perché, sebbene l'oblio abbia lenito le mie ferite, so che rimarrò sempre un estraneo, un intruso in questo secolo fra coloro che sono ancora uomini.»così lontano dal suo essere e dai suoi modi.”


La conclusione colpisce con forza impetuosa il lettore che non può che provare una sorta di compassione nei confronti del protagonista che si, sa di essere un mostro, ma tutto sommato innocuo. La dismorfia corporea è, a grandi linee, l’incapacità di riconoscere sé stessi allo specchio, la percezione del proprio corpo come alieno e, di solito, si lega a come ancora più profonde come i disturbi alimentari, fenomeni di depersonalizzazione o vigoressia.

Essere sbagliati, diversi in corpi che non ci appartengono è una punizione infernale che nessuno dovrebbe mai sperimentare: si diventa stranieri in terra straniera, apolidi incapaci di trovare spazio nell’unico luogo in cui siamo destinati a vivere per sempre, il nostro corpo.

Concludo con una frase di Nietzsche, che mi ha sempre colpito molto e credo sia assolutamente coerente con quanto detto fino a ora:

“Se uccidi uno scarafaggio sei un eroe, se uccidi una farfalla sei cattivo. La morale ha standard estetici.”

Finché divideremo il mondo in scarafaggi e farfalle in base a connotazioni estetiche, siamo destinati a venir schiacciati tutti, uno alla volta, prima o poi.

La potenza del genere fantastico si percepisce anche dalla profondità di questi testi, spesso tralasciati come storie “troppo crude” o “dalle tinte forti” ma ricordo a tutti, sempre usando le parole di Freud e Nietzsche, che la vita è e sarà sempre, tragedia.


Spero che l’analisi vi sia piaciuta, come sempre ecco tre consigli culturali:


  • Il racconto “L’estraneo” di H.P. Lovecraft Lo potete trovare in audiolibro su Youtube, letto dalla stupenda voce di Librinpillole


  • Il videogiocoAmnesia, the dark descent” perché delle vibes da castello infestato di creature orripilanti e assetate di sangue sono sempre molto HPL. La storia è davvero interessante!


  • Il FilmCastle Freak” uscito nel 1995. Un adattamento del testo analizzato, reso in pellicola.


Buon viaggio, cari lettori e care lettrici,

Alla prossima!


 

Sitografia/Bibliografia:


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