Gli antesignani della fantascienza italiana
- Andrea Pighin
- 26 dic 2024
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 28 dic 2024
Da dove posso partire per raccontare la fantascienza italiana? Le radici sono lontane, ben prima che il genere venisse formalizzato nel nostro Paese. Trae origine da certe suggestioni mitologiche, da fantasticherie medievali e rinascimentali, sfociando in modelli come Il Milione (1298) di Marco Polo, secondo l’interpretazione del critico Carlo Pagetti, che lesse l’opera come un “primo contatto” tra il mercante e un mondo “alieno”.
I testi esoterici e alchemici dei secoli a venire contengono, in nuce, le tematiche del viaggio interplanetario o pluridimensionale, una proto-ingegneria del corpo umano, un trattamento degli elementi e delle sostanze che dalla magia si trasforma in tecnica magica. Si potrebbe definire technological-fiction, o tech-fiction, risolvendo così la questione di una scienza pre-copernicana. Tra i testi di questo genere, l’Hypnerotomachia Poliphili (1499) di Francesco Colonna e il Baldo (1517) di Teofilo Folengo.
In quel periodo, l’Astolfo sulla Luna nell’Orlando furioso (1516; 1532) di Ludovico Ariosto è uno dei modelli più citati quando si parla di antesignani. Siamo però ancora in fase pre-rivoluzione copernicana, iniziata con la pubblicazione del De revolutionibus orbium coelestium nel 1543. Gli elementi propriamente fantastici faticano a entrare in una concezione scientifica o anche solo razionalizzata e testi del genere, oggi, apparterrebbero con ogni probabilità al reame del fantasy o del weird.
Un altro filone, legato a tematiche sociali progressiste e rivoluzionarie, è quello della fantapolitica, che vede ne L’Utopia (1516) di Thomas More un modello centrale, tradotto a Venezia nel 1548. L’opera ispirò diversi scrittori italiani, tra cui Anton Francesco Doni con I mondi (1552) e Tommaso Campanella con La città del sole (1602). Il primo Seicento, post-riforma luterana, vide l’esplosione di opere di fantapolitica, tra reminiscenze platoniche, abolizione della proprietà privata e affermazione di una religione naturale: abbiamo così, per esempio, La repubblica d’Evandria (1625) di Ludovico Zuccolo e La repubblica delle api (1627) di Giovanni Bonifacio.

Meno noto al grande pubblico rispetto all’Orlando furioso, il Prodromo (1670) del gesuita Francesco Lana de Terzi costituisce il primo studio scientifico sulle possibilità di un volo spaziale all’interno di una navicella. Tale interesse pratico si accompagna a speculazioni esotiche, sviluppando il filone de Il Milione.
Entriamo così nell’Età della ragione. In Italia, troviamo la satira della società veneziana nei Viaggi di Enrico Wanton alle terre incognite australi, ed ai regni delle scimie, e de’ cinocefali (1749; 1764) di Zaccaria Seriman, per non parlare dell’interesse per la Terra cava espresso da Giacomo Casanova, nell’Icosameron (1788, pubblicato in francese). Evidente l’influenza degli scritti di Voltaire e di Defoe.
Sottotraccia, il filone ariosteo riappare nel Settecento in componimenti minori, fino al dramma giocoso Il mondo della Luna (1750) di Carlo Goldoni e al poemetto Volo per lo spazio (1782) di Giovanni Battista Zappi.
Ci affacciamo al secolo delle guerre napoleoniche, dei moti rivoluzionari e della Restaurazione, ma anche al tempo della rivoluzione industriale e del primo positivismo, nonché dell’unità d’Italia.
Impegnata nella lotta risorgimentale, la Penisola non conosce grandi interazioni, durante il romanticismo, con opere quali Frankenstein (1816) di Mary Shelley o i racconti fantastici di Edgar Allan Poe. Vi è traccia di un dialogo tra scienza e fantasia nelle Operette morali (1827) di Giacomo Leopardi, ma qui l’approccio è filosofico e, a tratti, quasi esoterico, come nelle creature rinate del Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie.
Negli anni Trenta, anche in Italia arriva l’eco della “grande burla lunare” (Great Moon Hoax), una serie di false scoperte scientifiche attribuite all’astronomo John Herschel e pubblicate nel mondo su riviste e opuscoli. I contenuti vengono editi a Firenze e a Napoli nel 1836 e, in quegli anni, fioriscono le pubblicazioni sui viaggi lunari, tra cui la Lettera su la ipotesi degli abitanti de’ pianeti (1836) di padre Francesco Bruni e persino una serie di stampe napoletane intitolate Pulcinella sulla Luna (1840).
L’Ottocento muta in grande fretta e la seconda metà del secolo, con le sue scoperte tecnico-scientifiche, anima le speculazioni dei nostri precursori. Nel 1857, l’astronomo napoletano Ernesto Capocci pubblica Viaggio alla Luna, ambientato nel 2057 e con protagonista una donna, che uscì otto anni prima del più famoso Dalla Terra alla Luna di Jules Verne.
Mescolando satira, distopia e tematiche sociopolitiche, anche Ippolito Nievo compie un’incursione nella fantascienza con la Storia filosofica dei secoli futuri (1859), proiettandosi fino al 2222. Il pregio di quest’opera, dalla difficile collocazione, risiede anche nella sua capacità di anticipare fatti storici realmente avvenuti, tra cui il traforo del canale di Suez, la nascita dell’Unione Europea e l’invenzione di robot, detti “omuncoli” nella migliore tradizione alchemica.
Il filone politico prosegue con opere come I misteri politici della Luna (1863) di Guglielmo Folliero de Luna e La colonia felice (1874) di Carlo Dossi, un romanzo giuridico che anima il dibattito sulla carcerazione.
Il panorama letterario italiano viene influenzato dalle correnti europee. Autori come Jules Verne e H. G. Wells incidono in maniera significativa sugli sviluppi della nostra fantascienza: i temi del viaggio nel tempo e dell’esplorazione spaziale entrano nell’immaginario collettivo, forse ancora con l’idea che si tratti di una fantasticheria e non di un’ipotesi scientifica da prendere sul serio. Inoltre, gli autori italiani incorporano spesso riflessioni filosofiche e sociali peculiari alla propria cultura, non diversamente dagli scritti dei due maestri.
Tra gli emulatori nostrani, Ulisse Grifoni amplia una precedente opera nel romanzo d’avventura Dalla Terra alle stelle. Viaggio meraviglioso di due italiani ed un francese (1887). L’autore scrive anche altri titoli, tra cui uno ispirato al socialismo utopico: Dopo il trionfo del socialismo italiano. Sogno di un uomo di cuore (1907). Sull’altro versante ideologico, nel 1897 esce il romanzo L’anno 3000. Sogno di Paolo Mantegazza, il quale delinea un’utopia del futuro dal carattere antisocialista, dove i problemi dell’umanità vengono risolti dalla scienza.
In questo periodo non troviamo solo opere derivative, ma anche nuove ispirazioni: negli anni Novanta, l’astronomo Giovanni Schiaparelli pubblica i suoi studi su Marte e vengono pubblicati vari romanzi, tra cui Dalla Terra a Marte (1895) di F. Bianchi.
Il romanzo Le meraviglie del Duemila (1907) di Emilio Salgari, invece, costituisce forse il testo più importante della protofantascienza italiana. In esso si condensano diversi motivi: il viaggio nel tempo, l’uso di sostanze alteranti, la speculazione sulle tecnologie a venire, l’inquinamento (qui frutto di un’eccessiva elettrificazione dell’aria). Altre sue opere sono ambientate nel mondo contemporaneo all’Autore e fanno la loro comparsa prodigi come le macchine volanti. L’ispirazione proviene dagli scritti di autori come Poe e Verne, ma Salgari riesce a trovare una propria chiave di lettura, per esempio nel romanzo Al Polo Nord (1898).
Luigi Motta, veronese come Salgari, pubblica oltre cento romanzi d’avventura, avvalendosi anche dell’aiuto di ghost writer. Intenzionato a implementare i risvolti scientifici delle sue opere, è noto per romanzi come La principessa delle rose (1911), un testo fantapolitico nel filone della “guerra futura”, incentrato sulla necessità di un riarmo europeo contro il “pericolo giallo”. Inoltre, Motta è il direttore della collana di genere chiamata “Biblioteca fantastica dei giovani italiani”, che pubblica due serie di brochure dedicate a opere scritte da autori italiani.
Enrico Novelli, in arte Yambo, è invece un autore molto seguito nella letteratura popolare, soprattutto per ragazzi. Le sue opere sono prive delle notazioni geografiche proprie di Verne e di Salgari e l’avventura, attraversata da una vena ironica, caratterizza opere di viaggi straordinari, fino al capolavoro intitolato Gli esploratori dell’infinito (1906; riedito da Cliquot nel 2017, con tanto di illustrazioni!). Yambo esplora anche sottogeneri come il “mondo perduto” (L’allevatore di dinosauri ovvero L’uovo di pterodattilo (1926) e dell’archeologia misteriosa (Viaggi e avventure attraverso il tempo e lo spazio, 1933). In qualità di fumettista, sceneggia e disegna alcune delle prime storie a fumetti della fantascienza italiana.
A livello popolare, si diffondono storie d’avventura o fantastiche pubblicate a puntate in riviste che poi l’acquirente deve rilegarsi. La presenza di testi narrativi meno scientifici e più legati al meraviglioso è un’esigenza di mercato, ma anche un problema di critica, incapace di apprezzare l’apporto del pensiero scientifico alla narrativa. Un’eccezione è quella di Antonio Gramsci, che con l’espressione “romanzo scientifico” integra quel filone popolare che mescolava avventura e progresso.


In tal senso, un altro contributo positivo viene dal Futurismo, capace di rilevare l’importanza dell’innovazione tecnologica in opere come Mafarka il futurista (1909) di Filippo Tommaso Marinetti, che rappresenta nientemeno che l’ “uomo nuovo” nelle vesti di un cyborg volante.
Prosegue anche il filone fantapolitico, con elementi ucronici, nell’opera Lo zar non è morto (1929), frutto del collettivo noto come “Gruppo dei Dieci”, guidato da Marinetti e da Massimo Bontempelli, il quale, in Eva ultima (1923) aveva già riscritto la celebre Eva futura di Villiers de l’Isle-Adam.
Un capitolo a parte andrebbe dedicato al fumetto fantascientifico, con le comparse di Dinamello sul Corriere dei Piccoli, il primo robot italiano apparso nel 1923. È bene però fermarsi qui.
Questa fase di sperimentazioni originali svanisce a poco a poco durante il regime fascista, anche a causa della censura rivolta alla cultura americana, che impedisce di far conoscere i capolavori dell’epoca d’oro fantascientifica fino agli anni Cinquanta.
Nel prossimo articolo, in uscita a fine dicembre, vi racconterò di come venne rilanciata la fantascienza nel nostro Paese alla fine della guerra. Nel frattempo, di fronte a così tanti spunti di lettura, vi suggerisco di andare a guardare il catalogo di Black Dog, una piccola casa editrice che ho conosciuto di persona e che svolge un lavoro certosino nel recuperare opere (italiane e non) del fantastico. Purtroppo, sul loro sito, la nuova edizione de La fine del secolo XX. Storia futura (1906) di Giustino Ferri risulta esaurita, ma potete trovare Vita eccentrica, scene di fine secolo (1895) della misteriosa “Fabiola” e I predoni del gran deserto (1911) di Salgari, in un unico volume con doppio senso di lettura. Vi invito a scoprire il legame tra le due opere.
A presto!
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