Gli anni Cinquanta: tra addetti ai lavori e salotti di genere
- Andrea Pighin
- 2 lug
- Tempo di lettura: 11 min
Quella di Urania è stata una rivoluzione culturale per il nostro Paese e il merito va riconosciuto soprattutto a Giorgio Monicelli. Prima di allora, non esistevano periodici specializzati nel genere fantascientifico: racconti, in prosa o a fumetti, comparivano saltuariamente in pubblicazioni di altra natura, in riviste di viaggio, d’avventura o di geografia, a margine dei magazine tecnico-scientifici (si pensi alle Avventure del cielo di Silvestri, di cui ho parlato nel precedente articolo) o delle pubblicazioni per ragazzi.
Questo fatto è importante, perché significava che la prima generazione di scrittori di fantascienza italiana non era cresciuta fin da giovane guidata da coordinate ben precise. Lo stesso valeva per i lettori, al limite abituati ad aspettarsi un autore angloamericano; un aspetto ancora più evidente negli anni Cinquanta, in piena esterofilia postbellica.

La cultura di massa, l’avvento della televisione e un cambiamento delle forme di consumo e degli stili di vita portano a guardare con un certo fascino o con repulsione alla cultura statunitense.
Il clima che si respira è di speranza e di fiducia nel progresso tecnologico e nell’industrializzazione. D’altra parte, figure come Lionello Torossi di Scienza Fantastica forse non si sarebbero mai avventurate nella fantascienza se non vi avessero colto un’opportunità commerciale. Diverso il discorso per Monicelli, che crede nel genere a prescindere e, soprattutto, desidera far crescere una “scuderia” di autori italiani. È vero che anche Torossi pubblicava italiani e lui stesso firmava racconti con lo pseudonimo di Massimo Zeno, ma in quel caso era dovuto alla mancanza di traduttori e alla necessità di tagliare i costi. Monicelli, invece, ha diversi litigi con Arnoldo Mondadori nel tentativo di pubblicare autori italiani con il loro nome: ci riesce in rare occasioni e in altre è costretto a ripiegare sugli pseudonimi.
Le uscite con autori italiani vendono meno della media: da un lato, i lettori sono prevenuti e cercano storie ambientate oltralpe; dall’altro, ci vuole tempo per mostrare al pubblico che la qualità delle opere degli italiani regge il confronto con gli stranieri, ed è per questo che si opta talvolta per una pubblicazione a puntate in appendice.
Monicelli porta avanti il suo progetto anche con I Romanzi del Cosmo (semplicemente Cosmo, dal 1966), da lui curato. Lanciata nel giugno 1957 dall’editore Pino Ponzoni, la collana ha una periodicità mensile, poi quindicinale, fino alla chiusura nel maggio del 1967, al numero 202. Vi pubblicano inglesi, statunitensi, francesi, tedeschi e italiani. In appendice, si trovano romanzi a puntate, racconti e articoli scientifici. Monicelli cura la pubblicazione fino al numero 10; poi la curatela passa all’amico Luigi Rapuzzi e nel corso degli anni ad altre figure, fino agli ultimi due numeri di Luigi Garonzi.
Il nome “Cosmos” (poi senza S) si deve proprio a quest’ultimo; “I Romanzi del” a Monicelli. Da curatore, Garonzi tenta di trasformare la collana in rivista, aumentando il numero di autori italiani su richiesta dell’editore. In seguito, però, è lo stesso editore a decidere di chiudere la testata, benché non andasse male sul mercato: propone a Garonzi di rilevarla, ma questi, preso anche da altri interessi, non intende costituirsi editore. Negli anni, Cosmo viene rilevata da Editoriale Nord di Gianfranco Viviani, ma non anticipiamo troppo i tempi.
Restando al decennio, è dal 1959 che altre due donne si distinguono all’interno del panorama fantascientifico italiano: la capo redattrice di Urania, Andreina Negretti, e la curatrice di Galassia e dello Science Fiction Book Club, la scrittrice Roberta Rambelli.
In un capitolo del secondo volume di Luigi Cozzi, dedicato alla storia di Urania, Alfredo Pollini (marito di Rambelli) racconta di come in quel periodo, e fino ai primi anni Sessanta, scrittori e curatori della fantascienza si riuniscono nei salotti domestici. Tra di loro c’è lo stesso Pollini, Marco Paini e Negretti, insieme al compagno Mario Galli, che traduce e disegna vignette per Urania. In quei salotti c’è anche Giorgio Monicelli, che in passato era stato il primo a ospitare.
Con il tempo, dagli ambienti domestici si passa a un locale, il Calvin’s di Milano, dove si formano due gruppi che Pollini chiama gli “uranidi” e i “galassiani”, in quanto Rambelli era diventata direttrice della collana Galassia per la casa editrice La Tribuna di Piacenza. Al Calvin’s non si trovano soltanto amanti della fantascienza, ma cabarettisti e musicisti, tra cui Silverio Pisu, il quale, oltre a suonare la chitarra, si impegna nella fantascienza con alcuni racconti. Infine, intorno al 1963, questi gruppi si disperdono e ciascuno si dedica al proprio lavoro editoriale o ad altre strade.

I pionieri della fantascienza all’italiana
Voglio soffermarmi ora sulle prime firme della fantascienza nostrana: autrici e autori più o meno consapevoli, che hanno svolto un ruolo da pionieri. Se Maglione è stata la prima autrice italiana in una pubblicazione Urania (Urania Rivista), con lo pseudonimo di Elizabeth Stern, è di Emilio Walesko il primo romanzo Urania edito di un italiano, il numero 31 del 10 gennaio 1954, intitolato L’Atlantide svelata.
Già il fatto che l’Autore, Valesco, avesse dovuto cambiare il suo cognome, fa comprendere le difficoltà dell’epoca. E così capita a Luigi Rapuzzi (Louis R. Johannis), Adriano Baracco (Audie Barr), Maria Teresa Maglione (Ester Scott), Ernesto Gastaldi (Julian Berry), Ornella De Barba (Marren Bagels).
Solo Samy Fayad corrisponde a un nome non alterato, mentre di Albert C. Woodrod, autore de Le centrali di Krontal (1960), non è chiara l’identità. Un altro caso particolare è quello di Francesco Cannarozzo, che impiega uno pseudonimo italiano – Franco Enna – per ragioni eufoniche e che con la sua italianissima firma provoca una delle litigate tra Monicelli e Mondadori, il quale di autori italiani nella fantascienza (e nel giallo) non ne vuole sapere.
Valesco, italianizzato da Cozzi nella sua indagine, è un lettore sconosciuto che invia in redazione il dattiloscritto de L’Atlantide svelata, ma non vi sono altre informazioni biografiche sul suo conto.
Rapuzzi, invece, adotta il nome Johannis riprendendolo dal padre, Giovanni, sebbene si parli anche di un antico antenato della famiglia con questo nome latinizzato. Rapuzzi cresce nelle montagne della Carnia e mostra da giovanissimo un interesse per la pittura e per il disegno. Studia matematica e si iscrive prima al Politecnico e poi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove si sente più versato. Profugo nella prima guerra mondiale, torna poi a Udine: in quel periodo, è forse il futurista Luigi Russolo a farlo avvicinare a tematiche mistiche e al mondo del fantastico.
Di fede comunista, non trova spazio nell’Italia del Ventennio e nel 1943 aderisce al Movimento di Liberazione Nazionale. Viene arrestato due volte come sovversivo; la sua casa viene trafugata e si perde traccia delle opere d’arte. Combattente partigiano, nel secondo dopoguerra tenta la fortuna negli Stati Uniti, ma viene rimpatriato nel 1952.
Conosce dunque Monicelli e Maglione e ne diviene amico. Rapuzzi pubblica su Urania i romanzi C’era una volta un pianeta… (1954) e Quando ero aborigeno (1958); poi diventa curatore de I Romanzi del Cosmo e, nel 1957, apre con la coppia Monicelli-Maglione la rivista mensile Galassia di Udine, che chiude molto presto. I due libri di Rapuzzi anticipano la fanta-archeologia, quel filone della fantascienza che narra come l’umanità discenderebbe da creature di altri pianeti. La successiva diffusione del sottogenere nel nostro Paese, anche tramite autori stranieri, mostra come in effetti la “nostra” fantascienza sia più propensa a concentrarsi sull’elemento fantastico rispetto a quello tecnologico.

Tornando a Rapuzzi, più tardi, nel 1965, lo troviamo in trattativa per pubblicare alcuni quadri spaziali come copertine di Galassia di Piacenza, ma non si trova un accordo. Da allora si dedica soltanto alla pittura, la sua principale passione accanto all’ufologia: racconta infatti di aver avvistato dischi volanti e di aver persino visto gli alieni. Si spegne a Milano nel 1968, per un tumore alla vescica.
Adriano Baracco nasce nel 1907 a Villa Gori, in provincia di Vercelli. Giornalista e scrittore, è critico cinematografico per riviste come Hollywood, Cinema, Lo Specchio, Excelsior e Novella. Per Mondadori pubblica due romanzi gialli negli anni Trenta e due romanzi di fantascienza su Urania: I figli della nuvola (1957) e Gli schiavi di Rox (1958). In quel periodo si mette in testa di vivere come scrittore, ma la moglie gli fa notare che scrivere di fantascienza non frutti a sufficienza per coprire le spese domestiche. D’altra parte, si era avvicinato al genere perché lui e sua moglie, Daria Angeleri, erano molto amici di Scerbanenco, Monicelli e Mutti.
In seguito, Baracco scrive molti racconti e romanzi rosa per diversi rotocalchi femminili e fa da ghostwriter per altri autori. Da Milano si trasferisce con la moglie a Velletri e inizia a scrivere per il cinema (suo, per esempio, il soggetto di Diabolik di Mario Bava e la sceneggiatura di Questi fantasmi con Sophia Loren e Marcello Mastroianni).
Per lavorare, è costretto a percorrere la lunga strada fino a Roma e un giorno è coinvolto in un incidente. Sottovaluta l’evento e la sua salute presenta il conto: poco dopo, forse per le conseguenze dell’incidente, rimane paralizzato. Continua a scrivere di cinema quasi fino alla fine, nel 1976.
Francesco Cannarozzo nasce a Enna (da cui lo pseudonimo Franco Enna) nel 1921. Comincia a scrivere a sedici anni, ricalcando i classici della letteratura italiana, da Dante a d’Annunzio. Durante la guerra, viene arruolato per cinque anni nell’aviazione. Nel dopoguerra, cerca lavoro come scrittore e nel 1948 parte per la Svizzera, dove lavora per una radio. Scrive nei Gialli Mondadori, ma non fruttava abbastanza, però il suo nome riscuote un certo successo tra il pubblico (si pensi a Tempo di massacro) e Monicelli lo fa chiamare per Urania. Cannarozzo è il primo a comparire sulla collana con un nome esplicitamente italiano (era stato preceduto da Emilio Walesko, il cui cognome era stato storpiato).
Cannarozzo cura poi l’antologia Poesie e canti di pace della Cina, in cui compaiono per la prima volta in italiano le poesie di Mao Tse-Tung. In àmbito fantascientifico, sono suoi i romanzi L’astro lebbroso, Panico al Polo e Noi mostri, così come I Racconti dell’impossibile, pubblicati in appendice sempre su Urania. Cannarozzo è anche autore per ragazzi e, in questo settore, scrive Il magnifico Fulax, edito da Pedrazzini. Negli anni Sessanta, è editore della collana Futuria, che usce per appena quattro numeri, il cui vero ideatore era però Ferruccio Alessandri, grafico di Artecasa, la rivista principale da cui nasceva Futuria. La casa editrice fallisce e Cannarozzo si trova con del materiale tradotto dalla rivista statunitense Gamma: trova un’apertura in Longanesi e pubblica così il volume antologico Il meglio della Fantascienza.

Samy Fayad inizia a scrivere di fantascienza nel 1953, con la radiocommedia intitolata Il marziano, trasmessa dalla RAI. Nel 1958, durante una vacanza, scrive Ulix il solitario: lo propone a Monicelli, che lo accetta. Conosciutisi di persona, Monicelli gli chiede un altro romanzo e esce così La collina di Hawotack (1961), apparso persino in Germania (Das Zeit-Dilemma).
Con l’avvento della gestione Fruttero & Lucentini, tuttavia, le porte di Urania per gli scrittori italiani di fantascienza si chiudono. Negli anni, Fayad si dedica ad altre attività, ma torna ancora alla fantascienza con il romanzo Fuga verso la Terra (1960), uscito a puntate sul quotidiano Roma di Napoli, a cui si accompagnano altri racconti sulla stessa testata, tra il 1964 e il 1965: Cinque nomi nel cappello, L’esperimento del dottor Nibbitt, Il giorno delle apparizioni, Ospitalità.
Ernesto Gastaldi nasce a Graglia, in Piemonte, nel 1934. Si dedica al cinema fin da giovane, realizzando la pellicola Cow-boys Story in maniera semi-amatoriale. Frequenta allora il Centro Sperimentale di Cinematografia di Cinecittà.
Alla fine del 1952, conosce la fantascienza leggendo Urania e se ne appassiona. Un giorno, l’amico Arrigo Polillo, che era a sua volta amico di Monicelli, suggerisce a Gastaldi di proporgli un romanzo di fantascienza. In seguito, si dedica sporadicamente al genere con altri romanzi e qualche racconto, usciti sulla rivista Oltre il Cielo, I Romanzi del Cosmo e in appendice, a puntate, su Urania. Adotta il nome di Julian Berry, dato anche al protagonista di Una storia da non credere, e il nome è ripreso da un amico italo-inglese. È a Gastaldi che si deve la ripresa del motivo della civiltà atlantidea situata in Antartide, argomento trattato nel romanzo Iperbole infinita (1960).
I copertinisti e gli illustratori
In certi ambienti legati alla fantascienza, oggi è di moda il retrofuturismo, o vintage sci-fi, un gusto che ha portato a riscoprire il pregio artistico e la visionarietà di molti illustratori del passato. In Italia, abbiamo avuto diversi maestri, cimentatisi non solo in Urania, e che non si sono limitati a copiare pedissequamente le copertine straniere. Artisti che provengono spesso dalle accademie d’arte e che si trovano a mescolare un’estetica “classica” alle nuove fantasie futuriste.
Kurt Caesar nasce in Francia nel 1908, ma è di nazionalità tedesca. Portato fin da giovane per il disegno, ama inoltre l’attività fisica, tanto da ottenere il brevetto di pilota d’aeroplano e da praticare il pugilato e il canottaggio. Compie persino viaggi fino al Polo e in Tibet.
Avvicinatosi alle idee marxiste, non svolge politica attiva, ciò nonostante fugge dalla Germania nazista e si stabilisce a Roma, collaborando con diverse case editrici, tra cui Mondadori. Costretto ad arruolarsi nella seconda guerra mondiale, è al seguito del generale Rommel in Africa. Ferito e fatto prigioniero dagli inglesi, combatte in seguito nella Brigata Partigiana Garibaldi.
Nel dopoguerra, diviene copertinista ufficiale dell’Urania di Mondadori, per la sua conoscenza diretta con Monicelli, tuttavia Caesar non si interessa mai di fantascienza. Sue le quasi duecento copertine dei primi Urania, nei quali si nota anche l’esperienza passata di disegnatore tecnico per la fabbrica di aeroplani Caproni.
Maestro dello sfumato, in àmbito fantascientifico, oltre a Urania, collabora con periodici come Il Giornalino (nella serie a fumetti intitolata Gli esploratori degli abissi astrali), Cronache del futuro e Il Vittorioso. Si dedica anche ad altri fumetti, per esempio con la serie di storie Eroi del planetario, che però vengono pagati poco: rifiuta invece la proposta di diventare disegnatore di Tex, perché lo ritiene un impegno troppo gravoso e non intende trasferirsi a Milano. Muore nel 1974, a seguito di un infarto dopo un incidente domestico.

Carlo Jacono nasce a Milano nel 1929 e studia al liceo artistico e all’Accademia di Brera, dove non finisce gli studi per iniziare a lavorare. Dopo alcune esperienze, capita alla Mondadori come illustratore di Gialli, Segretissimo e Urania. Tra le varie attività, si dedica alla serie di fumetti erotici Goldrake, ai Gialli Garzanti e ai Gialli Ponzoni.
Sui primi Urania, Jacono realizza illustrazioni interne a china con un pennello molto asciutto e una penna: viene invitato dallo stesso Monicelli, il quale gli comunica di volta in volta i soggetti. Spesso si tratta di donne nude o semisvestite, su richiesta di Monicelli, secondo il quale uomini e donne nello spazio non si sarebbero limitati a muovere leve. Carlo Jacono muore nel 2000.
Luigi Garonzi nasce a Verona nel 1921 e studia al liceo artistico; combatte per tutta la seconda guerra mondiale, inclusa la campagna di Russia. Fatto prigioniero dai tedeschi, riesce a fuggire e a tornare in Italia. Nel dopoguerra, torna a lavorare per Montedison come illustratore, occupandosi di progetti per la ricostruzione, poi si interessa all’editoria con Mondadori (Epoca) e Rizzoli (Oggi, Gente, L’Europeo).
Nel 1956, viene contattato dalla redattrice di Urania, Andreina Negretti, per realizzare le copertine che Jacono non aveva più tempo di seguire. Lascia presto l’incarico, perché la paga è troppo bassa. Copre allora il ruolo di copertinista dell’intera collana de I Romanzi del Cosmo. Divenuto libero professionista, si specializza in disegni a tema tecnologico e si dedica al rendering di progetti tecnico-scientifici. Come illustratore, cura le pagine economiche del Corriere della Sera. Garonzi viene ricordato come un notevole appassionato di UFO, al punto da segnarsi su un’agenda tutti i suoi avvistamenti.
Gianni Renna nasce a Milano nel 1937 e si interessa presto alla pittura: ad appena diciott’anni, quando ancora studia all’Accademia di Brera, inizia a lavorare per Mondadori. È Rapuzzi a fargli conoscere Monicelli.
Come altri illustratori, collabora poi a Cosmo e a Galassia di Udine. Disegnatore di interni, quando Rapuzzi e Monicelli lasciano Cosmo, l’editore lo esautora perché non ne apprezza lo stile. È il curatore Marco Paini a farlo tornare fino al 1959, quando se ne va per la bassa retribuzione e forse a causa di un ambiente che non lo riesce ad apprezzare. In seguito, realizza diverse collaborazioni, per esempio con il Corriere della Sera, Rizzoli e i Fratelli Fabbri.
In chiusura, ricordo Karel Thole. Nato nel 1914 in Olanda, il nome intero era Carolus Adrianus Maria Thole. Studia disegno a Amsterdam e diviene un esperto di illustrazioni editoriali, di pitture murali e di disegni su vetrate e per le pubblicità.
Nel 1958, si trasferisce a Milano con la famiglia e lavora prima per Rizzoli e poi per Mondadori. Su Urania, compare come copertinista nel n. 233 (luglio 1960) e in quasi tutte le copertine dal 242 al 267 (ultimo numero di Monicelli quale “curatore”). Durante la gestione di Fruttero & Lucentini, mantiene questo ruolo fino agli anni Ottanta, quando è costretto ad allentare i ritmi di lavoro per problemi alla vista. Muore a ottantasei anni.

In questa carrellata di brevi biografie, si trovano alcuni spunti utili a ricostruire l’ambiente editoriale che ruotava intorno alla fantascienza degli anni Cinquanta. Vi invito comunque a recuperare i primi due volumi di Cozzi, perché con le sue interviste riesce a restituire i molti risvolti umani di queste figure che per prime si affacciarono al genere. Come avete potuto notare, al di là di Urania vi sono nomi di collane ricorrenti, ed è di queste che vi parlerò nel prossimo articolo!
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